Nel 2002 mi iscrivo all’Accademia di Belle Arti di Bari. Da qui, comincia il mio percorso che termina nel 2006, col Diploma di Laurea in Pittura, con una tesi monografica in Storia dell’Arte contemporanea su Maurizio Cattelan. Da lui apprendo tutto l’amore per l’amiguità della comunicazione, per l’ironia e la provocazione.
In realtà, sono molti i Maestri a cui guardo: in primis, Magritte e Duchamp, artefici di un grande cambiamento nel modo di fare e fruire l’arte.
Lo scopo del mio lavoro è creare straniamento e difficoltà di comprensione, che inducono l’osservatore a uno stato di crisi. Messi di fronte all’ambiguità di una parola di uso comune, quale significato scegliere? L’ambivalenza di questo significato è necessariamente spiazzante e negativa? Il linguaggio nasconde o rivela la realtà? La nasconde quando le nostre capacità non sono in grado di afferrare e cogliere l’essenza prima della parola scelta. Quando, invece, questo processo si verifica la molteplicità e spesso la contraddizione proprie della parola non vengono intese come separate, nette, statiche e distinte, diverse e assolute, ma come dispiegamento ed espansione di una sola ed unica verità. L’ambiguità e la molteplicità vengono vissute positivamente, poiché accettate come passaggio e mutamento continuo di una condizione. Credo che l’uso consapevole delle parole derivi da un’attenta obbedienza al silenzio.
Tutto è in continua trasformazione, così la carta si bagna, si brucia, si strappa a conferma del fatto che la parola, come l’essere, svanisce non appena detta, con un soffio di voce.